Agnese Moro al Centro di Aggregazione Giovanile “Luigi Marafioti”

La forza umana di Aldo Moro: uomo e politico del dialogo. Cultura, memoria e impegno. Queste le parole chiave del momento di confronto che ieri, 25 aprile e Festa della Liberazione, sono state raccontate da Agnese Moro, figlia dell’indimenticato statista e vittima delle brigate rosse, Aldo Moro.

 

Ospitati nei locali del Centro di Aggregazione Giovanile “Luigi Marafioti”, abitato da giovani e giovanissimi della Parrocchia e dai volontari del Servizio Civile Nazionale della stessa, a dare il via all’incontro è stato don Pino Demasi, parroco del Duomo e referente territoriale di Libera – Associazioni, Nomi e Numeri contro le mafie, che fin da subito ha posto il problema di dover “rinfrescare il vezzo della memoria”.

Un colloquio davvero disteso e sereno con la giornalista e pedagogista che ha prima guidato i ragazzi in un breve racconto sulla vita del presidente della Democrazia Cristiana, per poi passare in rassegna quelli che sono stati i suoi punti cardini e obiettivi principali: dalla formazione della Costituzione alla costruzione del compromesso storico, dall’umanità delle relazioni all’instancabile ricerca del dialogo, anche tra le diversità.

La figura emersa non è stata propriamente quella di un politico dedito soltanto al proprio lavoro, ma quella di un intellettuale e di un uomo integro, che ha lottato in tutti i modi per quella che è stata definita una “rivoluzione democratica”. Un uomo che è stato parte del popolo e ha lottato per esso, un uomo che ha conosciuto l’indifferenza e l’abbandono da parte delle Istituzioni durante i 55 giorni del sequestro.

Rimane per il Paese il rammarico di aver perso un uomo che ha lottato per far vivere e rendere presenti i precetti della Costituzione. Ciò che lascia la testimonianza della figlia Agnese e del ricordo di suo padre, sono una ventata di aria fresca e rigenerante, un’esortazione ai giovani a non farsi “appiattire dall’immobilismo”, ad essere “funzionali con volontà e idee”, ad avere “la facilità di impicciarsi ai problemi della gente”.

Questo il cambiamento generato a partire da quel 9 maggio 1978.

Dalla morte di Moro nasce il senso di responsabilità dello Stato e soprattutto nasce nella comunità italiana una coscienza civica nuova, nascono quelli che per don Pino dovranno essere i “costruttori di storia, quelli che si sporcano le mani per portare avanti una resistenza dei diritti e per iniziare a parlare, a partire dal territorio della Piana, di impegno resiliente capace di cambiare il presente e costruire il futuro di questo territorio”.

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