Domenica 19 gennaio la Chiesa celebra la Giornata Mondiale delle Migrazioni. Una giornata istituita cento anni fa, allo scoppio della Prima guerra mondiale, dinnanzi alla drammatica situazione di migliaia di rifugiati e profughi e di persone e famiglie espulse dai Paesi Europei tra loro belligeranti.
Da allora, ogni anno, in Italia prima e dal 1952 in tutto il mondo, questa giornata ha assunto una particolare importanza e, supportata da un messaggio del Sommo Pontefice, interroga credenti e non credenti sul sempre più crescente fenomeno della mobilità umana.
Quest’anno, Papa Francesco, dopo averci sollecitato nelle prime sue due visite in Itala,a Lampedusa e al Centro Astalli di Roma, ci invita a leggere le migrazioni come una risorsa per costruire un mondo migliore.
Al centro del messaggio del Papa c’è però una insistenza che ci interroga seriamente. “Il mondo può migliore- afferma Papa Francesco – soltanto se l’attenzione primaria è rivolta alla persona …. se non viene trascurato nessuno, compresi i poveri, i malati,i carcerati, i bisognosi, i forestieri ;se si è capaci di passare da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro e dell’accoglienza”. Ed ancora: “ migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità. Si tratta di bambini, donne e uomini che abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case per varie ragioni, che condividono lo stesso desiderio legittimo di conoscere, di aver, ma soprattutto di essere di più”.
L’immigrato è una persona umana e non merce o semplice forza lavorativa … dovrebbe essere una realtà chiara come il sole, ma se c’è bisogno di dirlo e ribadirlo, evidentemente non lo è.
E Rosarno … con le migliaia di volti dei migranti che a quattro anni dalla rivolta parlano ancora , quando va bene(!) di tendopoli ma più spesso di baraccopoli o peggio ancora di casolari diroccati, fra travi inclinate, lamiere, fornelli a gas, teloni di plastica per fermare pioggia e calcinacci, miasmi e fumi che bruciano gli occhi e l’anima … giacigli per terra, appoggiati su legni, cigolanti su sgangherate reti … né acqua, né elettricità, né gabinetti … Rosarno, ma anche Prato … Firenze, che ci parla ancora di sfruttamento sul lavoro e di emergenza … Rosarno sta lì a ricordarci che il migrante è ancora “scarto” e non persona.
Da qui allora la necessità che parole come: diffidenza, chiusura, rifiuto, discriminazione, esclusione, sfruttamento, schiavitù cedano il posto ad altre parole quali: incontro, a accoglienza, ospitalità, tutela, condivisione, dialogo, rispetto delle differenze, solidarietà, fraternità.
Papa Francesco parla di un cambiamento culturale che chiede la responsabilità di tutti, a partire dalla politica.
Le scelte che in materia di migrazioni ha fatto la politica nazionale e comunitaria negli ultimi decenni hanno purtroppo contribuito a sollevare barriere anziché abbatterle.
Sono state scelte fatte o in nome della “sfiducia” piuttosto che del reciproco aiuto tra Paesi diversi o guardando più ad aspetti ideologici o addirittura ad esigenze prettamente “elettorali”, anziché alla realtà ed ai problemi concreti.
Pensiamo alla Bossi Fini, in Italia, ma pensiamo anche, un esempio per tutti, al fatto che l’Europa non è stata capace di darsi un’unica efficace normativa comunitaria in materia di diritto d’asilo.
Se vogliamo dare un futuro all’Europa non possiamo rinchiuderci ogni singolo stato in se stesso come una fortezza.
Occorre invece pensare a nuove normative atte a ripensare i meccanismi d’ingresso, sveltire le pratiche di cittadinanza, intervenire sulle competenze di uffici e istituzioni coinvolte, eliminare le discriminazioni, favorire l’inserimento. Sono ormai maturi i tempi per un testo unico sull’immigrazione che comprenda le normative sull’asilo e sulla protezione internazionale, a cui collegare adeguate risorse ordinarie .
Al tempo stesso, se si vuole veramente tutelare il diritto delle persone di rimanere nel proprio Paese,occorre sviluppare una Cooperazione internazionale che invece si è indebolita in questi ultimi anni sia in Europa, che sta destinando meno risorse allo scopo, e sia in Italia (- 20% ). Non si può lanciare lo slogan “aiutiamoli a casa loro” e poi diminuire in questi anni gli aiuti alla cooperazione. A fronte di oltre 6 miliardi e mezzo di euro che i lavoratori immigrati in Italia inviano come rimesse, la cooperazione italiana ha tagliato le risorse e ha previsto per il 2014 appena 125 milioni di euro!
Non si tratta allora di buonismo ma di lanciare una sfida. Per tutti, credenti e non credenti. Si tratta di tracciare un percorso di giustizia che ci aiuti a passare da una cultura dello scarto ad una cultura dell’incontro e dell’accoglienza. Si tratta di delineare un modello di convivenza sociale che sia inclusivo e solidale. Un modello che – come è stato detto da più parti – prenda le mosse dalla categoria della convivialità, che faccia del dialogo interculturale un punto di forza, che consideri l’emigrazione come un fatto ordinario di vita(non dimentichiamoci che tanti dei nostri stanno rifacendo le valigie!)e riconosca, quindi, i migranti parte del nostro tessuto sociale.
Don Pino Demasi