I nostri ragazzi “scorta civica” di Bartuccio, sindaco coraggio

I  nostri ragazzi di Libera, la mattina di Giovedì Santo,  hanno “disertato” la Messa crismale per essere in Tribunale a fianco a Nino Bartuccio, ex sindaco di Rizziconi, che veniva ascoltato nell’ambito del processo Deus. Una scelta, la loro, molto bella e segno concreto di un cristianesimo vissuto nel quotidiano a fianco alla gente che lotta e spera per il cambiamento. Un gesto il loro contagioso, visto che  a loro appello, hanno risposto amministratori e altri rappresentanti della società civile.

Di seguito l’articolo di  Antonio Maria Mira in  “Avvenire” del 24.03.2016

«Da questa mattina mi ripeto che la verità non ha paura. Io devo solo dire la verità». Con questa convinzione Nino Bartuccio, ex sindaco di Rizziconi, ha affrontato la sua testimonianza contro il potente e violentissimo clan ‘ndranghetista dei Crea.

Due ore per confermare le accuse che quasi due anni fa avevano fatto scattare l’”operazione deus”, una scelta che per Bartuccio, e la famiglia, ha voluto dire vivere sotto scorta e coi soldati armati davanti a casa. Una scelta condivisa dalla famiglia. Al suo fianco nell’aula bunker di Palmi c’è la moglie. E i due giovani figli, ci racconta, «malgrado il giorno di vacanza si sono alzati presto, mi hanno abbracciato e mi hanno detto “in bocca al lupo papà”». In aula lo attende la schiera di avvocati degli imputati. Alcuni degli esponenti del clan sono nelle gabbie, mentre collegati in videoconferenza dalle carceri dove si trovano al 41bis sono il boss Teodoro Crea e il figlio Giuseppe, catturato lo scorso 29 gennaio dopo una latitanza di dieci anni.

Ma questa volta c’è un’importante novità. A sostenere Bartuccio, il primo sindaco calabrese a testimoniare contro un clan, c’è anche la società civile. Non era mai successo. Ci sono i ragazzi del Coordinamento di Libera della Piana di Gioia Tauro, i rappresentanti dei Lions, i sindaci di Polistena Michele Tripodi e Cittanova Francesco Cosentino, il vicesindaco di Cinquefrondi e consigliere provinciale Giuseppe Longo in rappresentanza di Avviso pubblico, l’associazione tra comuni per la lotta alle mafie.

E ancora il primo cittadino di Melicucco, Francesco Nicolaci e il presidente della Commissione antimafia regionale, Arturo Bova. Una presenza molto importante, segno di un cambiamento, e Bartuccio ringrazia tutti. Ma a ringraziare sono anche i responsabili delle Forze dell’ordine che hanno condotto l’inchiesta e che in queste presenze vedono rafforzato il loro lavoro.
Ma ora tocca alla lunga testimonianza. Si comincia dalle minacce arrivate già nel momento della preparazione delle liste elettorali all’inizio del 2010. «C’erano forti pressioni – racconta rispondendo alle domande del pm Luca Miceli – per far entrare alcuni che noi non volevamo. Perché erano espressione di certi ambienti vicini alla criminalità organizzata del paese. Noi rifiutammo energicamente quelle che erano delle imposizioni». Una posizione netta, ferma. Al punto che un giorno, rivela Bartuccio, «venne un mio cugino a dirmi che era preoccupato di quello che stavo per fare. “Poi verranno a chiederti…”. Ma io gli risposi con fermezza che non volevo avere nulla a che fare con certa gente». La replica fu esplicita. «Vedi come Peppe ha ammazzato il figlio di Pasquale Inzitari…». Un riferimento drammatico. Peppe è Giuseppe Crea, fortemente sospettato dell’uccisione il 5 dicembre 2009 del diciottenne Francesco Inzitari per vendicarsi del padre Pasquale, imprenditore e politico. «Per me era inequivocabile – ricorda ancora l’ex sindaco – ma risposi nuovamente che non avrei dato nessuno spazio a questa gente». Anche se aveva saputo da un amico che «U murcu (soprannome di Teodoro Crea), aveva chiesto informazioni su di me». E una volta eletto continuano le pressioni, come quando decide di trasferire una dipendente comunale che, assunta come operaia, era finita a fare l’impiegata all’ufficio lavori pubblici. «Mi dissero che non potevo farlo perché non lo voleva Antonio Crea “U malandrino”, nipote del boss». Ma il trasferimento ci fu. Arrivarono poi le pressioni, sempre da parte dei Crea, per assumere “persone bisognose” o per l’affidamento della sorveglianza alla centrale elettrica “Rizziconi energia”. «Una vicenda nella quale il comune non aveva alcun ruolo e oltretutto io avevo subito chiarito che, diversamente dal passato, noi non avremmo mai chiesto favori personali alla società ma fatto solo l’interesse dei cittadini».

E anche qui arriva il messaggio del clan, in particolare del solito Giuseppe Crea, interessato a una ditta che voleva ottenere il lavoro. Dal sindaco una netta opposizione. «Dissi che il comune non se ne sarebbe mai occupato. Mi avvicinò Domenico Crea detto “scarpa lucida” e con tono minaccioso mi disse che avevo fatto qualcosa che non dovevo fare. “Tu sai a chi interessa quella società”. Io gli risposi in modo energico». Ma è solo l’inizio. Pressioni e minacce vanno avanti fino a quando Bartuccio nell’aprile 2011 viene sfiduciato dalla sua stessa maggioranza. A volere le sue dimissioni era stato proprio Crea. Ma di questo Bartuccio parlerà nelle prossime udienze. Per quella di oggi è soddisfatto. «È andata. Davvero la verità non ha paura. Altrimenti che lasciamo ai nostri figli?». E abbraccia teneramente la moglie.

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