Anche noi a Locri “orgogliosamente sbirri”

A Locri la nostra Parrocchia c’era. Tantissimi di noi, giovani e meno giovani, intere famiglie hanno deciso di metterci la faccia, il cuore, l’intelligenza , la passione  ed essere presenti a Locri per continuare a costruire quella   nuova primavera, iniziata dieci anni prima, proprio a Polistena.

Nel 2007, infatti, era  stata la nostra Parrocchia il motore del Giornata della Memoria e dell’impegno, una giornata che ha lasciato nella nostra comunità tanti segni  positivi e tanta voglia di cambiamento. A dieci anni di distanza la nostra presenza massiccia  a Locri per essere a fianco a quella Chiesa che oggi, guidata da un Pastore attento al territorio, sta percorrendo un cammino tutto in salita, ma che non intende arrendersi.

Di seguito l’editoriale di ANTONIO MARIA MIRA su Avvenire del 22 marzo 2017

«Siamo qui perché amiamo la vita»

A Locri fiume di 25mila persone contro le mafie. Oltre 500mila in tutta Italia

«Oggi siamo tutti sbirri». «Siamo qui perché amiamo la vita». In queste parole di don Luigi Ciotti si riassume il senso della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che ha portato più di 25mila persone nelle strade e nelle piazze di Locri.

È la risposta migliore e più netta alle scritte comparse nella notte di domenica. «Se leggo ‘don Ciotti sbirro’ non lo prendo come un’offesa ma come un complimento», commenta il presidente di Libera. «Se essere sbirro vuol dire essere vicino alla gente e con la gente, noi siamo orgogliosi di essere sbirri», dice con forza il questore di Reggio Calabria, Raffaele Grassi. Lo rivendica dal palco anche Matteo Luzza, fratello di una vittima di ’ndrangheta. «Siamo orgogliosi di essere con te don Luigi, sbirri, sbirri che non si nascondono, come i vigliacchi, ma che mostrano il loro viso pulito, sano desideroso di verità e giustizia. Noi ci mettiamo la faccia». E sono proprio loro i familiari delle vittime ad aprire in centinaia il lunghissimo corteo. Loro che hanno scelto di amare la vita, traformando il dolore in memoria e impegno. La moglie del brigadiere Antonino Marino ha scritto sulla sua camicia bianca «orgogliosa di aver sposato uno sbirro». Mario Congiusta, anche quest’anno indossa dei guanti bianchi e continua a chiedere verità e giustizia per il figlio Gianluca. Come tanti altri familiari. Molti portano cartelli, foto o pagine di giornali che ricordano i loro cari. Ma sono anche carichi di positività. Nicoletta Inzitari, sorella di Francesco, ucciso a 18 anni, è emozionatissima. «Il cuore mi va a mille. Ma che bello vedere tanti giovani, tante scuole. Una speranza che cresce ». C’è anche suor Carolina, collaboratrice di don Pino Puglisi nella parrocchia di Brancaccio, da anni impegnata coi bambini di San Luca. «Andiamo avanti nel segno della speranza. Ce la possiamo fare. I mafiosi sono una minoranza, non possono seppellire la nostra voglia di futuro. Don Pino è qui con noi, è con questi meravigliosi giovani».

Ci sono alcuni ragazzi del carcere minorile che stanno partecipando a percorsi di recupero e reinserimento. Sul pullman che li ha accompagnati a Locri, insieme al musicista Demetrio Spagna, hanno composto una canzone che torna sul tema delle minacce. ‘Sbirri, sbirri, sbirri per il cambiamento, siamo già convinti che adesso cambia il vento. Liberi di pensare, liberi di mente, liberi liberi liberi orgogliosamente’.

Li osserva Mimma, mogIie di Lollò Cartisano, sequestrato dalla ’ndrangheta e mai più tornato a casa. Si commuove. Il suo piccolo corpo che tanto ha sofferto li vede con gli occhi di mamma. «Li dobbiamo aiutare, non hanno colpe. Non sono irrecuperabili, nulla è impossibile ». Davvero nulla è impossibile, come veder sfilare decine di sindaci con fascia tricolore e gonfalone di comuni un tempo solo simbolo dell’arroganza della ’ndrangheta: Platì, Africo, San Luca, Siderno, Limbadi, Fabrizia, Canolo, Cittanova e tanti altri. «Questa giornata – dice il primo cittadino di Locri, Giovanni Calabrese – è una bella e forte risposta alle minacce e falsità della ’ndrangheta. Ed è soprattutto importante che ci siano tanti giovani che sanno bene come le mafie tolgano lavoro e futuro». Giovani che portano un’enorme bandiera della pace. Sono scout dell’Agesci e i migranti minorenni ospitati in vari comuni calabresi. Ci sono i rifugiati di alcuni Sprar della Locride, esempi di accoglienza e integrazione. E poi tante scuole, calabresi e siciliane. Portano striscioni colorati, frutto di lavori di approfondimento con gli insegnanti. Davvero, come recita il titolo della Giornata, ‘Luoghi di speranza, testimoni di bellezza’. Tante facce, tanti colori. Poi nella piazza dei martiri la lunga, interminabile lettura dei nomi delle 950 vittime innocenti delle mafie, tra le quali 125 bambini.

«Siamo qui – dice dal palco don Ciotti – perché abbiamo un debito con chi è stato assassinato. Vanno fatti vivere nel nostro impegno. Dobbiamo essere più vivi noi. Ci hanno lasciato la speranza di una società più umana. Tocca a noi realizzarla». Poi si scaglia contro l’omertà che «uccide la verità e la speranza. La prima mafia si annida nell’indifferenza, nella superficialità, nel quieto vivere, nel girarsi dall’altra parte ». Contro tutto questo, aggiunge il presidente di Libera, non serve l’eroismo ma «coraggio e umiltà che richiedono generosità e responsabilitá». Bisogna però – è l’appello del sacerdote alle istituzioni – realizzare progetti e proposte concrete e credibili, per i giovani, il lavoro, la scuola, senza i quali «rischiamo di rassegarci alle mafie come male inevitabile». Ma serve anche che il Parlamento approvi alcune importanti leggi che renderebbo più forte la lotta alle mafie e alla corruzione. Don Ciotti ringrazia l’impegno dei vescovi calabresi per questa Giornata, «segno di una Chiesa viva». Poi un invito alle migliaia di partecipanti. «Siate orgogliosi di essere calabresi. La speranza viene dal noi, il cambiamento ha bisogno di più noi. La vera terra promessa è l’impegno per costruirla».

«Oggi siamo tutti sbirri». Così replica don Ciotti alle scritte apparse contro di lui nei giorni scorsi. «Non è un’offesa, se significa essere vicini alla gente per me è un complimento»

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Non lasciamo indietro nessuno.
Offriamo gratuitamente gli spazi sanificati del Centro e l’accompagnamento da parte degli operatori volontari del Servizio Civile Universale.
È così che il Centro traduce in senso pieno la restituzione alla collettività dei beni confiscati alle mafie.
Da beni di pochi al bene per molti.

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