Da Polistena “in viaggio contro la paura” con il Treno della Memoria

in viaggio contro la paura 02

Anche quest’anno 50 ragazzi e ragazze della Parrocchia Santa Marina Vergine in visita ad Auschwitz e Birkenau.

Commenti e riflessioni:
 
  • Per evitare l’errore, la volontà umana deve scegliere senza indifferenza.
    Sono tornato in questa terra per la terza volta di seguito. La società me lo ha imposto, il pensiero comune, la morale politica.
    C’è sempre bisogno di ritornare per non abituarci al silenzio o al menefreghismo della massa che utilizza modalità semplici e banali per dimenticare.
    E’ stato necessario ripartire perché vivo in Italia dove il 15 % delle persone si nasconde dietro al negazionismo alienandosi in una storia fiabesca. E’ stato necessario perché Liliana Segre è costretta a vivere sotto scorta, a 90 anni, per insulti e violenze antisemite.
    Abito in Italia perché ci sono nato, per caso, e non è assolutamente accettabile pensare che un’altra persona aldilà del mare su qualche barcone o nascosta in un campo abbia meno dignità, abbia meno diritti.
    Qual è il nostro compito se non quello di fare la scelta, quella scelta che implica impegno e umanità.
    E’ importante praticare modalità di giustizia sociale, difendere chi ha meno partendo dal singolo al fine di mobilitare la massa.
    Il dolore che ho visto in questa esperienza è troppo intenso, ho avuto freddo, ho avuto stanchezza, fame, sonno, emozioni forti inspiegabili, ma ho resistito con la consapevolezza innaturale che la forza e la grandiosità di donne, uomini, bambini, anziani e ammalati sono l’emblema unico di vera vittoria. Loro hanno vinto, loro vincono su tutto, sul nichilismo, sull’indifferenza, sulla sofferenza, sull’odio.
    Il loro esempio ha vinto. Ha vinto quella gamba dopo l’altra che ha generato sentieri di memoria.
  • Il 30 gennaio 2020 è ufficialmente partito per l’ennesima volta dalle strade di Polistena il Treno della Memoria con i ragazzi e le ragazze del gruppo parrocchiale. Un viaggio lungo, iniziato molti mesi fa, fatto di momenti di incontro, di riflessione e di preparazione. Un viaggio nella storia all’insegna della conoscenza, dell’impegno e della memoria di un passato che in fondo tanto passato non è. Sì, perché forse il senso di questa partenza è proprio questo, conoscere ciò che è stato affinché la storia non possa ripetersi. Praga, Budapest e Cracovia sono state per giorni la nostra casa, per le loro strade abbiamo gioito, cantato, sorriso, urlato, ma abbiamo anche riflettuto, molto. In quelle strade ci siamo fermati e formati. Per queste strade abbiamo vissuto intensamente è toccato con mano le atrocità dell’uomo. Qui ci siamo immedesimati in uomini, donne e bambini strappati dalle braccia della vita. Ma non solo, è venuto spontaneo impersonificarsi, non solo nelle vittime ma anche nei carnefici, e qui l’orrore vero. Abbiamo ancora una volta camminato per quelle strade, fatte di terra e fango, dove il dolore ha fatto da padrone. Abbiamo toccato con mano un pezzo di storia e rivissuto la loro vita. E allora lì la domanda: Come può un uomo vivere sereno, guardare i propri figli giocare in cortile sapendo che al di là di quei mattoni un uomo, una donna o un bambino come il proprio si sta lentamente spegnendo nel silenzio dell’ignoranza? Come si fa a passeggiare tranquilli guardando volar via quel fumo, che altro non è che la vita di qualcuno,  come un palloncino sfuggito dalla morsa di un bimbo?
    È un viaggio che segna e insegna, anche e soprattutto a distanza di giorni, quando si è ormai al caldo della propria casa. È un viaggio che ti lascia un’impronta dentro, un pensiero indelebile che pulsa ogni giorno e si fa prepotentemente spazio tra i pensieri quotidiani.
  • Martedì ad Auschwitz e Birkenau è stato pesante, soffocante e agghiacciante. Tutti noi conosciamo i fatti accaduti, le favolette, la parte storica, che credetemi non ha niente a che fare con ciò che è realmente successo. La visita di quei luoghi ti getta in una dimensione parallela, nell’epoca dei fatti già prima di raggiungerli e ti trattiene fino alla fine della visita. Ti fa provare sensazioni indescrivibili, che non sono solite a te e non sai come gestire. Entrare all’interno dei campi, attraversare i tratti fangosi costantemente schiaffeggiato dal vento e dalla neve gelida ti fa rabbrividire. Pensare che quella povera gente viveva questi momenti in condizioni pietose e non con i mezzi che avevamo noi per coprirci ti fa gelare il sangue. Visitare le baracche con i letti, anzi gli appoggi dove erano costretti a dormire ammassati ti pone davanti alla precarietà della vita e alle assurdità che può attuare una singola mente umana . Una mente distorta e contorta non solo di un uomo, ma di un’intera popolazione che ha commesso atrocità verso altri essere umani, loro fratelli. Non riesco a spiegarmi ciò, non riesco a darmi delle risposte e delle motivazioni per le quali siano arrivati a così tanto. Non  riesco a giustificare le persone che non si sono schierate, coloro che sono rimasti nella zona grigia, la comfort zone, che non hanno reagito difronte a un tale massacro. Questa esperienza ti fa ragionare sulla visione che tutti noi abbiamo della vita. Quella gente che come noi aveva sogni, passioni, aspirazioni ha dovuto rinunciare a tutto per la volontà di altri individui che ritenevano che loro fossero sovversivi e quindi inferiori.
    Il Treno della Memoria ti spiazza, il Treno della Memoria ti spezza. Ma allo stesso tempo ti da i mezzi per rialzarti e un barlume di speranza. Ti fa vivere quest’esperienza in comunità, una comunità che giorno dopo giorno si trasforma in famiglia. Ti rende consapevole, ti getta addosso uno zaino ricco di emozioni e nozioni che non potrai mai cancellare dalla tua mente. Non bisogna sottovalutare il valore della vita, dono più grande che si sia mai stato offerto, ne tanto meno la bellezza della mente umana che può generare meraviglie impensabili.
  • Il freddo, Il silenzio, solo il rumore assordante della neve che si infrangeva sull’ombrello, questo è quello che colpisce una volta varcati quei cancelli. Cancelli dove il dolore, la sofferenza e la follia hanno tolto la vita, la dignità, l’identità a milioni di persone.
    Delle valigie, dei nomi, dei volti, questo è quello che troverete lì dentro. Delle scarpe, appartenute a persone che svolgevano la loro quotidianità, occhiali che riflettono occhi innocenti, bagnati da lacrime ingiuste.
    Vita andata e cenere ritrovata.
    La mente affollata da domande. Come è stato possibile? Perché lo hanno permesso? Dov’era il mondo?
    Lager costruiti nel nulla, posti deserti, nessuno voleva sentire le urla strazianti di dolore. Tutti si giravano dall’altro lato, fingendo di non sapere.
    La mente va avanti di 75 anni e si chiede: Com’è possibile ancora questo? Perché lo stiamo permettendo ancora? Dov’è il mondo oggi?
    Lager libici costruiti nel nulla, posti deserti, fingiamo di non sentire le loro urla strazianti di dolore, fingiamo di non sapere. Campi profughi a Salonicco, dove i pianti dei bambini sono incessanti. Ghetti a San Ferdinando, luoghi anonimi. Il popolo curdo, da troppo tempo perseguitato e senza pace.
    Perché come denunciato da Primo Levi: “Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”, condanna alla quale l’uomo si sottomette continuamente.
    Non giriamoci dall’altro lato. Non ignoriamo la sofferenza dei nostri fratelli e sorelle.
    Nuove pagine di storia vengono scritte tutti i giorni, e noi, a quale parte della storia vogliamo appartenere per sempre?

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